Clima: ecco gli impatti decennali del climate change sui nostri centri urbani

Nel nuovo rapporto dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente una mappa dei territori colpiti da fenomeni metereologici estremi tra il 2010 e il 2020: quasi mille e in costante aumento, gli eventi verificatisi in oltre 500 Comuni. Roma, Bari, Milano e Agrigento tra le città con i maggiori danni.

In crescita trombe d’aria, alluvioni, ondate di calore. Legambiente “Il Recovery plan deve mettere l’adattamento al clima di città e territori al centro delle priorità. L’Italia, tra i pochi Paesi Ue a non disporre di un piano d’adattamento, continua la rincorsa ai danni, anziché puntare sulla prevenzione”. Fenomeni in costante crescita, come emerge dal Rapporto 2020 “Il clima è già cambiato”, presentato il 25 novembre scorso in un webinar organizzato da Legambiente e redatto con il contributo di Unipol, la collaborazione scientifica di Enel Foundation e arricchito dalle collaborazioni con ISPRA, Legambiente Emilia-Romagna e decine di circoli locali.

I numeri del 2020. Soltanto nell’anno in corso, da inizio 2020 a fine ottobre, si sono verificati 86 casi di allagamento da piogge intense e 72 casi di trombe d’aria, in forte aumento rispetto ai 54 casi dell’intero 2019 e ai 41 registrati nel 2018. Ancora, 15 esondazioni fluviali, 13 casi di danni alle infrastrutture, 12 casi di danni da siccità prolungata, 9 frane da piogge intense. Legambiente sottolinea come ad aumentare siano gli eventi estremi che riguardano contemporaneamente anche due o più categorie e che gli episodi tendono a ripetersi negli stessi Comuni dove si erano già verificati in passato.

Sempre più drammatiche, in particolare, le conseguenze dei danni da trombe d’aria, che nel Meridione sferzano le città costiere, mentre al Nord si concentrano nelle aree di pianura. Più forti e prolungate le ondate di calore nei centri urbani, dove la temperatura media cresce a ritmi più elevati che nel resto del Paese. Tra i fenomeni estremi a maggiore intensità, anche quelli alluvionali, con quantitativi d’acqua che normalmente cadrebbero in diversi mesi o in un anno e che invece si riversano nelle strade in poche ore, seguiti sempre più spesso da lunghi periodi di siccità.

“Nel Rapporto 2020 di CittàClima abbiamo tracciato un bilancio degli ultimi dieci anni con numeri e una mappa aggiornata degli impatti nel territorio italiano – commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – L’intento è quello di far capire come serva un cambio delle politiche di fronte a fenomeni di questa portata. L’Italia è oggi l’unico grande Paese europeo senza un piano di adattamento al clima, per cui continuiamo a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione. Dal 2013 il nostro Paese ha speso una media di 1,9 miliardi l’anno per riparare ai danni e soltanto 330 milioni per la prevenzione: un rapporto di 6 a 1 che è la ragione dei danni che vediamo nel territorio italiano – osserva ancora Zanchini – Il Recovery plan deve contenere la risposta a queste sfide, con risorse per l’adattamento e un cambio della governance che oggi non funziona. Del resto, oggi sappiamo che cosa dobbiamo fare, come raccontiamo con decine di buone pratiche nel rapporto, e abbiamo tutte le informazioni e gli strumenti per analizzare le aree coinvolte dai fenomeni, per comprenderne le possibili cause antropiche, le scelte insediative, i fenomeni di abusivismo edilizio che ne aggravano gli impatti e individuare efficaci strategie di contrasto e adattamento”.

Dieci, secondo l’associazione, gli obiettivi che dovrebbe porsi il provvedimento di legge:

· vietare qualsiasi edificazione nelle aree a rischio idrogeologico e in quelle individuate da Enea come aree di esondazione al 2100 per l’innalzamento del livello dei mari;

· delocalizzare gli edifici in aree classificate ad elevato rischio idrogeologico;

· salvaguardare e ripristinare la permeabilità dei suoli nelle aree urbane;

· vietare l’utilizzo dei piani interrati per abitazioni;

· mettere in sicurezza le infrastrutture urbane dai fenomeni metereologici estremi;

· vietare l’intubamento dei corsi d’acqua e pianificare la riapertura di quelli tombati nel passato;

· recuperare, riutilizzare, risparmiare l’acqua in tutti gli interventi edilizi;

· utilizzare materiali capaci di ridurre l’effetto isola di calore nei quartieri;

· creare, in tutti gli interventi che riguardano gli spazi pubblici, come piazze e parcheggi, ma anche negli interventi di edilizia private, vasche sotterranee di recupero e trattenimento delle acque piovane;

· prevedere risorse statali per mettere a dimora alberi e creare boschi urbani.