Campagna di Legambiente e Unicoop Firenze contro l’abbandono di DPI

Potrebbero essere necessari, nel nostro Paese, fino a un miliardo di mascherine usa e getta e circa 500 milioni di guanti al mese. Secondo le stime raccolte ed elaborate da Legambiente, la produzione di questi rifiuti è di circa 70mila tonnellate annue, pari allo 0,23% di quelli urbani raccolti e smaltiti in Italia. Un quantitativo che può arrivare a 300mila tonnellate annue, tenendo conto di tutte le tipologie di dispositivi di protezione individuale, secondo i dati dell’Ispra.

Per questo Unicoop Firenze e Legambiente, con il patrocinio della Cabina di Regia “Benessere Italia” del Presidente del Consiglio dei Ministri, hanno promosso una campagna di comunicazione e informazione con gli obiettivi di sensibilizzare i cittadini sui danni all’ambiente causati dall’abbandono dei dispositivi di protezione individuale, monitorare i casi già significativi per facilitare poi interventi di pulizia, proporre alternative concrete e sicure all’usa e getta, rappresentate dalle diverse tipologie di mascherine certificate e riutilizzabili già presenti sul mercato e che sono disponibili in tutti i punti vendita di Unicoop Firenze a partire da oggi, con un allestimento dedicato nei negozi.

L’iniziativa è stata presentata l’ 8 giugno scorso in occasione della giornata mondiale degli oceani da Daniela Mori, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze e da Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, insieme al vademecum “ECOproteggiamoci”, elaborato dall’associazione sul corretto uso dei dispositivi di protezione individuale dal virus Sars-cov-2 e sui rischi per l’ambiente causati dall’abbandono e dai traffici illegali.

“L’impegno di Unicoop Firenze per l’ambiente è costante – spiega Daniela Mori, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze – siamo stati la prima realtà della grande distribuzione ad introdurre i sacchetti in mater-bi e a promuovere l’uso delle buste riutilizzabili, lo scorso anno abbiamo anticipato la normativa europea e tolto dagli scaffali alcuni milioni di pezzi di stoviglie usa e getta. Ora l’emergenza si chiama mascherine e guanti, dispositivi monouso che rischiano di venire dispersi nell’ambiente, e vogliamo intervenire per fare la nostra parte”.

“Il fenomeno dell’abbandono nell’ambiente di guanti e mascherine usa e getta può avere un impatto ben più grave di quello legato solo all’incuria – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani -. Per le loro caratteristiche di leggerezza e rapidità di deterioramento, infatti, finiscono molto facilmente, attraverso il reticolo idrografico o trascinate dal vento, in mare, dove possono causare un incremento della diffusione di microplastiche e diventare una minaccia per tutte le specie, protette e non. Sono scene che si ripetono sempre più spesso e che Legambiente ha denunciato per prima, da Milano a Firenze fino alle spiagge di Campania, Calabria e Sicilia”.

“L’impegno di tutti deve essere quello di fare in modo che qualsiasi azione o iniziativa mirante a salvaguardare la salute sia nel rispetto dell’ambiente – afferma Filomena Maggino, presidente della Cabina di Regia “Benessere Italia” del Presidente del Consiglio dei Ministri – Il vero benessere del Paese è quello condiviso e rispettoso, equo e sostenibile”.

Oltre alla possibile diffusione di microplastiche nei mari, un altro aspetto da non sottovalutare per quanto riguarda l’impatto ambientale di alcune tipologie di guanti (quelli forniti a soci e clienti dei punti vendita Unicoop Firenze invece sono in mater-bi, completamente biodegradabili, a impatto zero) e mascherine è l’utilizzo di alcune sostanze chimiche per il loro trattamento che, se disperse nell’ambiente o gestite in maniera scorretta a fine vita, sono causa di un inquinamento molto esteso e pericoloso sia per l’ambiente che per l’uomo: possono contaminare falde, suolo e aria.

I rischi aumentano ancora se si considerano i dispositivi di protezione individuale che vengono utilizzati nelle strutture ospedaliere o nelle Residenze Sanitarie Assistite (RSA), che sono classificati come rifiuti sanitari pericolosi perché a rischio infettivo. Non esistono stime attendibili, al momento, ma non c’è dubbio che la tipologia e il quantitativo di rifiuti sanitari prodotti possano fare gola a soggetti “specializzati” nei traffici illeciti di rifiuti.

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