ROMA VERSO UN ECODISTRETTO

(Tratto da GSA Igiene Urbana 2/15) Nonostante le molte difficoltà, la raccolta differenziata a Roma sta dando buoni risultati sia in quantità che in qualità. Ma mancano gli impianti a valle.

Nel primo trimestre del 2015 si è consolidato il risultato, già raggiunto a fine 2014, della raccolta differenziata di rifiuti urbani a Roma. La città è attestata, dunque, al 43% di rifiuti raccolti in modo selettivo e inviati ad impianti per il recupero di materia. Nel dato complessivo svetta il quantitativo di rifiuti organici destinati al compostaggio: 140.000 tonnellate nel 2014. Con il completamento del nuovo modello di raccolta, introdotto nel 2013 e basato su un mix di “porta-a-porta” e stradale a cinque frazioni, su tutti e 15 i municipi della Capitale (ne mancano ancora 5 per completare il modello), ci si attende il superamento del 50% di differenziata nel prossimo mese di dicembre.

La qualità delle diverse frazioni, raccolte selettivamente, è accettabile e talvolta eccellente, nonostante l’oggettiva difficoltà a mantenere elevati livelli di disciplina nei conferimenti in una città alquanto caotica, densa di presenze “occasionali” e con una coesione sociale scossa da diffuse inquietudini. Resta il fatto che i rifiuti differenziati inviati a riciclaggio negli stabilimenti autorizzati vengono sempre accettati e l’azienda percepisce i corrispettivi previsti dagli accordi ANCI-CONAI anche se non al pieno della loro premialità.
Il programma di sviluppo, a ogni buon conto, prevede l’insediamento del nuovo modello di raccolta su tutto il territorio comunale e la progressiva estensione del “porta-a-porta”, iniziando dai quartieri più prossimi alle aree già interessate da questo tipo di servizio.
Nel primo trimestre del 2015 i cittadini serviti con il “porta-a-porta” sono circa 700.000 e diventeranno circa 2 milioni entro la fine del 2016. Grazie a questo sviluppo sarà possibile, alla fine del prossimo anno, avvicinare la soglia del 60% di raccolta differenziata. Fenomeni di disaffezione o di aperta ostilità al nuovo modello organizzativo ci sono e sono talvolta dolorosi, specialmente quelli manifestati da attività commerciali; ma la più parte della popolazione collabora ed è sempre più consapevole dell’importanza di risparmiare risorse naturali favorendo il recupero e il riciclaggio dei rifiuti.

All’imponente sforzo di Roma Capitale e della sua municipalizzata per lo sviluppo della raccolta differenziata, tuttavia, non corrisponde affatto una organizzazione industriale e moderna dell’impiantistica dedicata al riciclaggio che è, anzi, deficitaria o del tutto assente. A fronte di una raccolta di rifiuti organici che supererà le 160.000 tonnellate nel 2015, la disponibilità di impianti di compostaggio è di sole 20.000 tonnellate. Circa 5.000 carichi di rifiuti organici nel 2015 lasceranno la Capitale per essere consegnati a impianti di compostaggio di ben 4 regioni del settentrione, con ciò determinando un costo economico rilevante, ma anche un costo ambientale non banale creato dai 10.000 viaggi di andata e ritorno, su gomma, a distanze medie di 500 km dalla Capitale.
L’importanza di smantellare l’arcaica organizzazione del sistema industriale di trattamento e smaltimento dei rifiuti di Roma, tutta concentrata sugli impianti TMB da cui produrre combustibile per gli inceneritori (30% dei rifiuti trattati) e soprattutto, scarti da seppellire nella discarica di Malagrotta (70%), è una priorità assoluta, giacché la discarica è stata finalmente e definitivamente chiusa, mentre cresce in modo esponenziale la quantità di rifiuti differenziati da valorizzare. La costruzione di impianti di compostaggio è allora la prima priorità e il progetto presentato da AMA per uno stabilimento sicuro ed efficiente a Rocca Cencia ne è la principale attestazione. Nel contesto dell’Ecodistretto, cioè di un compound integrato di stabilimenti dedicati al trattamento dei rifiuti differenziati (plastiche, vetro, cellulose, metalli, terre di spazzamento, inerti e rifiuti organici) sarà possibile trattenere alla Città il valore aggiunto determinato dalle lavorazioni e che daranno per esito la vendita a mercato di materie prime seconde. Valore aggiunto economico, ma anche un formidabile contributo alla riduzione dell’inquinamento ora procurato dal dissesto gestionale del ciclo di trattamento e smaltimento. Entro il 2020 la Capitale punta a dotarsi di quattro Ecodistretti nei quali conferire tutti i propri rifiuti (circa 1,7 milioni di tonnellate all’anno) riuscendo ad ottenere almeno l’85% di materie prime seconde e minimizzando gli scarti da destinare a smaltimento.

Daniele Fortini