Nuova legge europea sul clima: cosa deve fare ora l’Italia?

Approvata il 25 giugno scorso dall’Europarlamento in sessione plenaria la nuova legge europea sul clima, che istituisce un Regolamento che fissa i nuovi obiettivi climatici di medio e lungo periodo dell’Unione europea. In primo luogo, la Climate Law cristallizza e rende vincolante a livello UE l’obiettivo di neutralità climatica al 2050 dell’Unione. Ma il risultato più significativo e più lungamente dibattuto degli ultimi mesi riguarda soprattutto l’obiettivo di medio periodo sulle emissioni di gas serra, dal quale discenderà tutto il quadro di obiettivi e strategie in materia di energia e clima che guideranno le politiche europee di questo decennio e che Bruxelles renderà noto nelle prossime settimane (il cosiddetto pacchetto Fit-for-55%).

Il target sancito dalla legge, che si conferma di riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli 1990) riguarda le emissioni nette – cioè al netto degli assorbimenti – e interne dell’UE. Ma l’ultima formulazione della legge europea stabilisce un limite esplicito al ricorso agli assorbimenti, che non potranno superare le 225 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, ovvero circa il 6% delle attuali emissioni di gas serra dell’UE.

Ma cosa significa esattamente questo per l’Italia? Anticipando anche l’iter europeo in materia, Italy for Climate ha elaborato la prima Roadmap per l’Italia compatibile con una riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 del 55% rispetto al 1990, in linea con quella che dovrebbe essere la riduzione media europea. Significa arrivare, oramai in meno di un decennio, a 232 milioni di tonnellate di CO2eq (dalle circa 380 stimate nel 2020 e su cui ha pesantemente inciso la pandemia). Per raggiungere questo risultato bisognerà tagliare i consumi finali di energia ogni anno dell’1,5% e, cosa tutt’altro che facile, ridurre di almeno il 40% il consumo di petrolio e gas e quasi azzerare quello di carbone, raddoppiare le fonti rinnovabili elettriche, termiche e per i trasporti. Si tratta di un percorso incredibilmente sfidante e senza precedenti, per intraprendere il quale è necessario mettere in campo secondo I4C una serie di interventi “trasversali” strategici: dalla introduzione di sistemi di carbon pricing più efficaci alla transizione da un modello economico estrattivo e lineare a uno rigenerativo e circolare, da una radicale semplificazione e razionalizzazione delle procedure burocratiche e amministrative alla accelerazione nella ricerca e sviluppo e nella creazione di una nuova cultura della transizione.

Ma questi interventi da soli, seppure importanti, non sarebbero sufficienti. Servono delle strategie settoriali, che tengano conto delle peculiarità di ogni settore economico e siano in grado di proporre strumenti specifici realmente efficaci. Per questo I4C, in linea con le indicazioni europee ribadite dalla stessa legge sul clima, ha declinato la roadmap nazionale in specifiche roadmap settoriali definendo quindi obiettivi, target e proposte di intervento differenziate per industria, commercio, agricoltura, trasporti, edifici residenziali. Da qui al 2030 questo vuol dire, ad esempio, ridurre il numero di automobili in circolazione di quasi un milione di veicoli ogni anno; moltiplicare per quattro il tasso di riqualificazione degli edifici arrivando intervenire ogni anno su 50-60 milioni di metri quadrati di abitazioni residenziali, o ancora moltiplicare quasi per dieci la potenza installata ogni anno di rinnovabili elettriche e arrivare a fine del decennio a riciclare almeno il 60% dei rifiuti urbani.

Fonte:  Italy for Climate