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piante spontanee tecnologie Un bosco in Darsena. Nel 2005 cominciarono i lavori per la realiz- zazione di box interrati, subito interrotti per alcuni rinvenimenti archeologici. Era scontato: siamo nella parte più antica di una città che ha più di 2000 anni. Su questi cumuli di terra nasce nel frattempo della vegetazione. In cin- que anni diventa un bosco. Nel maggio 2010 è stato oggetto di uno studio botanico da parte del professor Giuseppe Patrignani, dell’Orto Botanico Didattico Sperimentale di Cascina Rosa, a Milano. Dalla relazione emerge uno studio sulle piante libere che hanno coloniz- zato la Darsena. In un bacino poco profondo, una zona parzialmente allagata è popolata da piante arboree ed erbacee di vario tipo, e da piante sommerse. Per comodità di lavoro la vasta zona è stata suddivisa in tre complessi: 1) la riva che segue l’andamento di viale Go- rizia fno alla diga, 55 2) la “spina” centrale corrispondente al ma- igiene urbana teriale di scavo accumulato durante le ricer- igiene urbana ottobre-dicembre 2011 che di reperti archeologici che prima erano sommersi, 3) e la riva di viale D’Annunzio che nasconde le fondamenta della mura spagnole. La prima, ospita piante arboree in fase di ac- crescimento e già ben insediate su un suolo in cui prosperano le graminacee e altre erbacee. La seconda e la terza hanno una analoga di- stribuzione delle piante. Per il livello arboreo sono presenti le seguenti piante, di dimensio- ni che variano da 2 metri a 5 e oltre: Cina. Radici nel cemento • alberi del paradiso (Ailanthus altissima Swingle) faccia il suo corso. Questo è il vero fascino e lei no. Questa forma si, questa composizio- • aceri americani (Acer negundo L.) della vegetazione spontanea. Vedere come va ne si fa così, il portamento giusto di questa • bagolari (Celtis australis L.) a fnire. La pianta spontanea la sentiamo un pianta è questo… Non sapremmo neppure • betulle (Betulla pendula Roth) po’ più nostra. Cresciuta scoprendo giorno come sono fatte certe piante se non avessi- • fchi (Ficus carica L.) per giorno quello che sarà. Abbiamo tutti mo visto delle piante libere. Non possiamo • pioppi (Populus nigra L., Populus alba L., avuto l’occasione di vedere crescere una pensare che queste piante risolvano da sole Populus canescens Sm.) pianta selvatica in un vaso dimenticato, in gli enormi problemi ambientali che l’uomo • platani (Platanus hybrida Brot.) una crepa, in un prato abbandonato. E quan- si porta dietro con la propria attività e con • olmi (Ulmus laevis Pallas) do è cresciuta ci piace ricordarla com’era da un consumo scellerato del territorio. Sareb- • robinie (Robinia pseudoacacia L.) piccola. L’abbiamo vista e curata con lo sguar- be troppo bello. Però possiamo difendere e do. Siamo più vicini alla pianta libera, perché assecondare l’ incredibile vitalità della vege- Imparare dalla natura trasmette la precarietà che ci fa apprezzare tazione con azioni più attente alle vocazioni Come sarà governata ora questa area è tutto ogni istante come un momento importante. naturali dei siti, e con atteggiamenti meno da vedere. Mi piacerebbe pensare che nessu- Ci insegna a leggere i fatti, ci insegna la tol- razionali, che comprendano anche l’accetta- no ci debba mettere più le mani, sentenzian- leranza. Non intrusi, ma piante normali che zione dei segni imprevedibili che la natura ci do su quali piante devono crescere, come e hanno seguito il proprio istinto vitale, esatta- offre, senza averne paura. perché. Ci sono tanti posti dove poterlo fare. mente come avrebbero fatto se non ci fosse Qui lasciamo che lo spettacolo della natura stato l’uomo a destinarle: qui si e là no. Tu si * Architetto paesaggista